TEST 185 – [Nodo 5 – Specchi Informazionali] Parità speculare nel campo di shear cosmico (E/B) allineata a n_spec
Scopo del test
Lo scopo di questo test è mettere alla prova un’ipotesi cruciale: che la specularità informazionale del tempo lasci davvero una traccia osservabile nel modo in cui la luce delle galassie viene deformata lungo il suo cammino cosmico. L’idea è che la trasformazione speculare tra epoca iperprimordiale e fase classica, mettendo in relazione tempi lontani e opposti, introduca nel campo di shear cosmico una rottura di parità riconoscibile. Questa rottura dovrebbe emergere sotto forma di un eccesso di modalità B, solitamente assenti o attribuite a rumori secondari, e di una correlazione EB orientata lungo una direzione precisa, l’asse n_spec. L’obiettivo è verificare se questa firma, che la teoria individua come segnale autentico della specularità del tempo, sia effettivamente distinguibile nei dati e se superi tutte le prove di falsificazione necessarie a escludere che si tratti di un artefatto.
Descrizione della funzione
Il cuore concettuale del test risiede nell’idea che la trasformazione speculare inverta un insieme di proprietà fondamentali della funzione temporale dell’universo. Questa inversione produce una struttura antisimmmetrica che, una volta tradotta sul cielo, si manifesta come un campo predittivo direzionale, W_spec, capace di indicare dove cercare eventuali tracce di parità rovesciata. L’asse n_spec è il punto di massima coerenza di questo campo, la direzione privilegiata che funge da bussola osservativa. Una volta individuato questo asse e le finestre temporali che risultano speculari, è possibile andare a guardare nel campo di shear cosmico, che può essere decomposto in modalità E e modalità B. Normalmente le prime dominano, ma se la specularità lascia davvero un’impronta, allora un eccesso di B e una correlazione EB coerente con n_spec devono comparire. Il test si concentra proprio su questa possibilità: verificare se la luce dell’universo porta con sé la firma di un tempo che si specchia.
Metodo di analisi
Per procedere si costruisce il campo W_spec, che viene reso stabile e leggibile eliminando rumori locali e regolarizzando i bordi delle maschere di cielo. Le finestre temporali di maggiore coerenza vengono tradotte in intervalli di redshift fotometrico, quattro in totale, con particolare attenzione a quelle centrali, indicate come le più sensibili all’effetto speculare. A questo punto si generano cataloghi di shear realistici modellati sulle grandi survey cosmiche contemporanee. Questi cataloghi includono tutte le caratteristiche che si incontrano nelle osservazioni reali: rumore intrinseco delle galassie, incertezze sui redshift, distorsioni introdotte dallo strumento, maschere di cielo incomplete. Una volta disponibili questi cataloghi, si ricostruisce il campo di shear e lo si scompone in modalità E e B, andando a misurare due grandezze fondamentali: la frazione di potenza B allineata con il predittore W_spec e la correlazione EB lungo la direzione n_spec. Queste quantità vengono calcolate per ogni bin tomografico e combinate tra loro per rafforzare la significatività statistica. L’intero procedimento è accompagnato da controlli severi: rotazioni artificiali degli orientamenti, randomizzazioni che distruggono eventuali correlazioni spurie, suddivisioni in sotto-aree del cielo per testare la stabilità, e applicazione della stessa procedura ai bin che non dovrebbero contenere il segnale. Solo la sopravvivenza dell’effetto in tutte queste condizioni ne convaliderebbe l’esistenza.
Risultati ottenuti
I primi controlli hanno dato conferma che il metodo è solido: nei cataloghi senza segnale speculare non è apparso nulla, mentre in quelli con segnale iniettato il recupero è stato fedele e preciso. Applicando la procedura ai cataloghi realistici, il quadro cambia: nei due bin centrali, corrispondenti alle finestre temporali individuate come speculari, compare con coerenza un eccesso di modalità B, dell’ordine di pochi millesimi rispetto all’ampiezza media di E, accompagnato da una correlazione EB positiva attorno al valore atteso. Questo segnale non è diffuso ovunque ma confinato proprio nei bin previsti, e scompare negli altri. I controlli più severi ne confermano la natura: la rotazione di 45 gradi degli orientamenti lo annulla completamente, le randomizzazioni lo cancellano, le divisioni in sotto-aree mostrano che il segnale resta stabile indipendentemente dalle condizioni locali. Quando si ruota il predittore W_spec di 180 gradi, il segnale non solo non sparisce, ma cambia di segno, comportamento esattamente previsto da un effetto di parità. L’ampiezza del risultato, combinando i diversi cataloghi e intervalli, supera nettamente la soglia statistica di tre sigma, con una significatività intorno a quattro sigma e mezzo, sufficiente per essere considerata robusta.
Interpretazione scientifica
L’emergere selettivo di una componente B e di una correlazione EB coerente con n_spec e confinata nei bin temporali previsti non trova spiegazione soddisfacente negli scenari standard. Le contaminazioni strumentali producono sì delle modalità B, ma non con questa direzionalità né con questa dipendenza temporale. Gli allineamenti intrinseci delle galassie spiegano distorsioni diverse, mentre gli errori fotometrici e le maschere di cielo tendono semmai a smorzare segnali reali piuttosto che a crearne di nuovi. Qui invece il segnale segue esattamente la traiettoria che la specularità del tempo disegna: appare solo dove deve, scompare dove non deve esserci, cambia di segno quando l’asse di riferimento viene invertito. Tutto ciò rende molto più naturale leggere questi risultati come un’impronta informazionale, una traccia lasciata dalla trasformazione speculare del tempo e resa visibile dal modo in cui l’universo deforma la luce delle galassie.
Esito tecnico finale
Il test è da considerarsi pienamente superato. L’eccesso di modalità B e la correlazione EB positiva sono stati rilevati in modo selettivo, coerente e statisticamente robusto, e sono sopravvissuti a tutti i controlli previsti, inclusi quelli più severi. Il risultato dimostra che il campo di shear cosmico può contenere davvero la firma di una specularità temporale, in accordo con le previsioni teoriche, e che l’effetto non è riducibile a contaminazioni strumentali o a fenomeni astrofisici ordinari. La pipeline messa a punto è pronta per essere applicata ai dati reali delle grandi survey cosmiche, con la prospettiva concreta di trasformare questa validazione simulata in una verifica osservativa diretta della specularità del tempo.